Passato prossimo


    Quella mattina, come questo futuro, mi sono svegliato orfano dal sogno. Mi sono alzato senza mappa o bussola nascosta nel calendario. «Si tutta lingua fosse solamente binaria o come nelle righi sotto la doccia», ho pensato inutilmente come inutile è pensare. Quindi, mi sono preparato la colazione del condannato della giornata che non aveva numero neanche senso. Con la testa in giù, ho bevuto una tazzina di caffè e ho pensato, inutilmente, si un condannato può scegliere, forse come Keith LaMar che salva Albert Marquès con il suo libro Il jazz suona nel braccio della morte. Accerchiato dalle circostanze, magari é possibile eleggere certa quantità di opzioni sopravvissute dopo le coniugazioni del passato prossimo. Sicuramente una consolazione maldestra; oppure questo o nulla. Ma in fondo, io che ne so?

    Sono uscito da casa nonostante il strano calore autunnale e non ho saputo a dove andare senza segnali stradali né semafori alcuni. La città, il campo aberto, era una cella interna senza giusta condanna. Tuttavia, i miei passi non hanno dimenticato sue letture chiuse nel passato e sono andato, come un cosmonauta, alla ringhiera di fronte alla spiaggia. Una leggera brezza mi ha insegnato i limiti di chi non c'è figli, albero, libro oppure speranza scritta. E ho ricordato che non so si ho scelto e, di aver scelto lo scelto, sono contento de la scelta que ho fatto. Si, credo que si, anche ci sono alcuni cose que non ho potuto scegliere: come questi occhi verdi, la solitudine aderita alla notte senza petto e questa stampella che porto fino al ultimo gate di imbarco. Però sta bene così. Ciao, abitanti del mio passato. Non voglio dimenticarlo in un prossimo passato dove non c’è scelta. 

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